domenica 26 luglio 2009

La Porta della "regina viarum" e il Bastione che controlla i Colli

La Porta della "regina viarum" e il Bastione che controlla i Colli
EMANUELE TREVI
DOMENICA, 26 LUGLIO 2009 LA REPUBBLICA Roma

Dal bello e solenne varco di San Sebastiano, decorato dal Sangallo Carlo V, nel 1536, fece il suo in ingresso trionfale in città

Qualunque attività, per quanto bizzarra e in apparenza solitaria, è in grado di procurarci inaspettati compagni di strada. Pensavo di essere l´unico, in questo periodo, a perlustrare il tracciato delle Mura Aureliane, descrivendo in queste puntate domenicali scorci pittoreschi, luoghi storici, sorprendenti contaminazioni dell´antico e del contemporaneo. E invece, eccomi qui ad ammirare il paesaggio, in cima ad una delle alte torri di Porta San Sebastiano, sede del Museo delle Mura, assieme a un´archeologa e topografa di rango, Alessandra Capodiferro, direttrice di Palazzo Altemps, e a Marco Delogu, uno dei più famosi fotografi contemporanei. Merita d´essere raccontato il lavoro che hanno intrapreso ultimamente. E´ uno dei tanti esempi di un legame segreto ma tenace tra gli artisti contemporanei e queste vecchie e fascinose mura.
L´idea è stata quella di tirare fuori dagli archivi dell´Accademia Americana una serie di fotografie archeologiche risalenti, più o meno, a un secolo fa. E di mettere quelle immagini ormai fuori dal tempo nelle mani di alcuni fotografi contemporanei, capaci di reinterpretarle. «E´ chiaro che il contatto diretto con il monumento antico», mi dice Alessandra Capodiferro, «rappresenta il fatto più importante, la prova del nove. Ma l´antico, per essere davvero visibile, ha sempre bisogno che gli si faccia un certo spazio intorno, e non solo in senso materiale. Sono le diverse forme di attenzione che si succedono nel tempo a dare alle cosiddette ‘rovine´ il loro spessore, è un processo che non si può e non si deve mai interrompere».
Marco Delogu, che è l´unico artista romano tra quelli finora coinvolti nel progetto, ha dovuto fare i conti non solo con la memoria storica collettiva, ma anche con i ricordi della sua infanzia. Con la sua polaroid, ha dato forma a un percorso antichissimo, dal confine urbano rappresentato dalle mura e dalla porta verso il cuore della città, passando per il Circo Massimo e le pendici del Palatino, fino al Tempio di Vesta e al Tevere. Ne è venuto fuori una specie di struggente viaggio onirico, che affonda nel tempo privato e collettivo nel momento stesso in cui sembra muoversi nello spazio.
Nessun altro accesso a Roma, nemmeno Porta del Popolo, può contendere la palma della bellezza e della solennità a Porta San Sebastiano, degno termine della via Appia, che i romani chiamavano «la regina delle strade». Vincitore dei Turchi, è di qui che Carlo V, nel 1536, fece il suo ingresso trionfale in città. E anche questa volta, l´architetto incaricato delle decorazioni fu il Sangallo, impegnato in un compito certo più effimero della costruzione del Bastione, ma non meno importante dal punto di vista politico e diplomatico. Ancora oggi, la vista della porta e delle sue torri, con il basamento quadrato rivestito di travertino, suscita facilmente un´ammirazione che sconfina nella riverenza.
Dall´alto delle torri, la vista spazia sull´ampia pianura che prosegue fino ai Colli Albani. Se si escludono poche costruzioni moderne, in questa direzione - caso più unico che raro - l´aspetto del paesaggio non è poi molto diverso da quello che dovevano scrutare i soldati di guardia nel V secolo, quando le torri raggiunsero aspetto e altezza definitivi, al termine di una serie di rimaneggiamenti. Già, perché parliamo sempre di Mura Aureliane, giustamente onorando in questo modo l´imperatore che le concepì e le fece rapidamente eseguire, ma quelle che vediamo oggi sono pur sempre il frutto delle continue modifiche, migliorie, riparazioni effettuate nel corso dei secoli. E´ un processo che fa assomigliare le mura a un vero e proprio organismo vivente. Il miglior modo per rendersi conto delle fasi di questo immane lavoro, fondamentale nello sviluppo di Roma e della sua immagine, è visitare le sale del Museo delle Mura, dotato di plastici e accuratissimi pannelli informativi. Ma anche se si è troppo pigri per assimilare informazioni storiche e archeologiche, il luogo è così bello che ci si spende volentieri molto più tempo del previsto. Purtroppo, per motivi di sicurezza in questo periodo la cosiddetta Passeggiata delle Mura, a cui si accede da una delle torri, è ridotta a un segmento brevissimo. Qualche anno fa, il crollo di un pezzo di muro fra due torri, tra l´Appia e la Cristoforo Colombo, ha interrotto il circuito. Ma questo tratto di mura è così ben conservato che sarebbe possibile, una volta effettuati i restauri, camminarci sopra per chilometri, sia in direzione della scomparsa Porta Ardeatina, che verso Porta Metronia. Come sempre, la vista verso l´interno della città non è meno interessante di quella che dà sull´esterno. A meno di non sorvolare la zona, infatti, una passeggiata sulle mura sarebbe l´unico modo per gettare lo sguardo su una delle parti più segrete della città: un mosaico di terreni privati e demaniali punteggiati da splendide ville e giardini segreti. Una campagna antica, fitta d´alberi, prati, canneti che non ci si aspetterebbe mai a due passi dal Circo Massimo e dal lungotevere. Sembra quasi un miracolo, soprattutto se si fa il paragone con altre zone più a nord, ma da queste parti, fra la Terme di Caracalla e l´inizio della Cristoforo Colombo, l´espansione urbanistica ha concesso una tregua al territorio, consentendogli di conservare una caratteristica altrove scomparsa. Vale a dire, il proseguire della campagna all´interno della cinta delle mura, il cui tracciato correva ben distante dall´abitato. Per questo motivo, il tratto di mura che va dal Bastione del Sangallo a Porta Latina, tutto affacciato verso il sud, è il più autentico, e il meglio conservato dell´intera cerchia. Non si tratta solo delle mura e delle torri in sé, ma dello spazio circostante. «Qui le mura», mi spiega Alessandra Capodiferro, «sono ancora un segno forte, autonomo, di distinzione fra un interno e un esterno, fra la città e i suoi dintorni». Appena più a nord, come vedremo, questa distinzione si fa impossibile. Troppo grande per rispettare i suoi stessi limiti secolari, la città ha finito per divorare le sue mura.

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